Il film diretto da Wilhelm Dieterle (quando arriverà in America diverrà William) è suddiviso in 6 parti. Sei atti che segnano una climax che ha la forza della tragedia. Interessante è sopratutto il modo in cui Dieterle tratta la questione dell’omosessualità : non giudica, rappresenta.
Sicuramente la realizzazione di un film con una tematica tanto forte va ricollegato comunque anche al contesto storico e alla fecondità espressiva che caratterizzò la Repubblica di Weimar.
Quando Sommer uccide involontariamente l’uomo che in un nightclub molesta la moglie Helene, viene condannato a tre anni di prigione. In cella impara a conoscere cosa significhi vivere separati dalla propria donna. Lei è lontana ma non il desiderio e la tentazione. Gli altri condannati non sono da mano : il suicidio di uno di loro, impazzito per la lontananza dalla propria fidanzata, segna profondamente il protagonista. Fuori intanto Helene, anch’essa ormai sull’orlo della follia, si getta nelle braccia di un ex compagno di cella del marito mentre Sommer si scropre attratto da un giovane prigioniero. Il finale, dopo lo svelamento del tradimento di Helene, richiama le promesse matrimoniali e l’unione inscindibile tra i due sposi anche nell’atto della morte.
Sceneggiatura: Herbert Juttke, Georg C. Klaren
Musica: Pasquale Perris
Scenografia: Max Knaake, Fritz Maurischat
Colore: Bianco & Nero
Produzione: Essem-Film GmbH, Vereinigte Star-Film GmbH
Fotografia: Robert Lach
Altri titoli: SEX IN CHAINS, CHAÎNES
Su gentile concessione dell'Ente dello Spettacolo