“Variazioni per una cara amica”: L’Opera 24 di Johannes Brahms


di Angelo Valastro





Nel 1861 il ventottenne Johannes Brahms, già celebre e stimato da molti, giunse ad una svolta decisiva della propria vita d’uomo e d’artista.

Nell’autunno di quell’anno, vista anche svanire la nomina a direttore della Filarmonica di Amburgo, Brahms maturò la decisione, realizzata poi, in maniera improvvisa e definitiva, l’8 settembre del 1862, di trasferirsi a Vienna, la città dei Maestri che egli ebbe sempre a modello: Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert …

Fu proprio in quel cruciale 1861 che videro la luce – insieme con altri capolavori quali le “10 Variazioni sul Geister-Thema di R. Schumann” in mi bem. magg. op. 23 per pianoforte a quattro mani ed i due Quartetti con pianoforte in sol min. e la magg. op. 25 ed op. 26 – le “25 Variazioni e Fuga sopra un tema di Georg Friedrich Händel” in si bem. magg. op. 24 per pianoforte solo.

L’autografo iniziale – cui s’aggiungono, d’interesse per lo studioso, un’altra copia manoscritta, con correzioni dell’autore, preparata per la Breitkopf & Härtel nonché le copie della prima edizione Breitkopf del 1862, dell’Antologia di pezzi per pianoforte dello stesso editore del 1875 e della successiva edizione pubblicata da Simrook a Berlino, tutte corrette personalmente da Brahms stesso – è del settembre 1861 e porta l’indicazione “Variationen für eine liebe Freundin” (“Variazioni per una cara amica”). L’opera è infatti dedicata a Clara Schumann in occasione del suo 42° compleanno (13 settembre). Fu durante una festa organizzata dai Wagner ad Amburgo nel successivo novembre che Brahms suonò per la prima volta le “Händel Variationen”. “La cosa più bella della serata”, le definì una giovane invitata, Julie Hallier, “di una bellezza meravigliosamente lunga. Il flusso delle idee sgorgava inesauribile [ … ] sembrava un miracolo”.

La prima esecuzione ufficiale avvenne tuttavia il 7 dicembre nella stessa città e vide proprio al presenza di Clara alla tastiera.

Il lavoro non fece particolarmente effetto sull’uditorio.

Una settimana dopo, il 14, il concerto fu replicato al Gewandhaus di Lipsia ove l’accoglienza del pubblico e della critica, pur se non entusiastica, fu comunque favorevole, anche tenuto conto dell’enorme prestigio di cui Clara godeva in quella città …

In seguito sia la Schumann che Brahms eseguirono più volte e con successo le “Händel-Variationen”, destando l’ammirazione di musicisti quali Bülow e Wagner stesso, solitamente avverso a quello che, ai suoi occhi, appariva lo spirito conservatore del maestro d’Amburgo. Tuttavia quest’opera, per la monumentalità della costruzione e per gli enormi problemi tecnico-interpretativi che essa pone di fronte all’esecutore, non è mai entrata a far parte di quello che, in senso deteriore, si suole definire “repertorio”. La stessa Clara, pur dotata di mezzi formidabili, ebbe più volte a rammaricarsi dell’estrema difficoltà d’esecuzione: “Ho incluso parecchie volte – scrisse in una lettera del 15 marzo 1866 – le “Händel-Variationen” nel programma, ma ho dovuto rinunciarvi perché mi facevano male i muscoli della mano e rischiavo di porre ogni mio sforzo in un pezzo senza riuscire a portare a termine il concerto…”.

Con l’op. 24 Brahms pose una pietra miliare nella storia della forma variata. Collocandosi idealmente nella scia delle “Goldberg-Variationen” (1742) di Bach e delle “Variazioni su un tema di Diabelli” (1823) di Beethoven, le “Händel-Variationen” spinsero le possibilità dello strumento verso orizzonti sino ad allora inesplorati.

A partire dalla prima variazione sino all’imponente fuga finale, Brahms diede fondo a tutta la propria arte di compositore sfruttando la tastiera come una tavolozza orchestrale ricca di sfumature infinite.

Fin dalla scelta del tema appare evidente l’intento dell’autore di rifuggire da ogni orpello di romantico soggettivismo per affermare l’assolutezza dell’arte musicale.

Si tratta, infatti, di un’aria, di nobile compostezza, facente parte della prima delle tre “lezioni” comprese nel secondo volume delle “Suites de pièces pour le clavecin” (Walsh, Londra 1733), composta da Händel, insieme con un Preludio e cinque piccole variazioni, come esercizio per la giovane figlia del principe di Galles.

Brahms riprende l’originale handeliano senza modificarlo in alcun elemento. In realtà l’aria – con la sua semplice struttura di due frasi di quattro misure ritornellate in cui la linea melodica si muove, senza brusche impennate e con metrica regolarità, nell’ambito di un’unica ottava poggiando su di una granitica base armonica ove il basso, “guida e controllo della fantasia”, si limita a percorrere i gradi compresi tra tonica e dominante – si prestava perfettamente alle esigenze del compositore.

Brahms trae spunto da ogni pur minima cellula tematica riuscendo a trasformarla in parte integrante dell’intero lavoro. Anche l’impianto armonico complessivo delle “Händel-Variationen” rimane fedele alla tonalità di si bem. magg., tranne nei casi delle variazioni n° 5, 6 e 13 – che sono in si bem. min. – e n° 21, in sol min. In maniera analoga, ognuna delle 25 variazioni è costituita rigorosamente di 16 misure – eccezion fatta per la n° 15 che ne comprende 18 – disposte sempre secondo lo schema tematico di due frasi di quattro misure ritornellate, con la variante – ai nn. 8,9,13,17,19,20 -di avere, al posto di uno o di entrambi i ritornelli, lo sviluppo di un’altra semifrase di quattro.

Una veloce quintina di biscrome fa da trampolino di lancio fra l’aria e la prima variazione, trasformando un ritmo tetico (in battere) in un ritmo anacrusico (in levare). Nella prima variazione al rigore dello scherzoso disegno del basso si sovrappone lo slancio del movimento melodico ove le note fondamentali del tema, accentate sul tempo debole, sono arricchite da una veloce nota di volta inferiore secondo un procedimento già usato da Bach nella prima delle “Goldberg-Variationen”.

Ancora una sovrapposizione di ritmi differenti è alla base della seconda variazione, “animato”: sul movimento binario del basso e delle parti medie si dipana il sinuoso disegno in terzine della melodia che viene così a creare, in un contesto fortemente cromatico, un’atmosfera di soffice densità.

Nella terza variazione il senso di irregolarità accattivante è ottenuto con semplicità, affidando alla mano sinistra, in una sorta di canone, lo stesso schema ritmico della destra sfasato di una croma, in un elegante gioco di echi e richiami.

Analogamente nella quarta variazione, “risoluto”, tutta in quartine di semicrome, la percezione dell’ictus principale è vanificata dalla presenza, sull’ultima semicroma di ogni movimento, di un segno di “sforzato” o d’accento che, sottolineati dal fiero incedere del basso, conferiscono alla variazione stessa un sano carattere popolareggiante.

La quinta e la sesta variazione, ambedue in si bem. min., formano un gruppo a sè stante, una sorta di piccola oasi lirica tra le due variazioni precedenti e le due successive.

Nella quinta, “espressivo”, il tema dell’Aria sembra riflettersi attraverso un ruscello di un mondo di dolcissima poesia sonora; nella sesta i due canoni all’ottava, per moto retto nella prima parte, contrario nella seconda, creano l’effetto misterioso di “ombre che passano e di cui una sega l’altra” (Cortot).

Anche la settima e l’ottava variazione, con le quali si torna nella tonalità di si bem. magg,, costituiscono un gruppo unitario.

La settima, “con vivacità”, in cui Brahms sembra evocare gli ottoni d’un’ orchestra con le tipiche “quinte dei corni” e lo squillare delle trombe, sfocia, con un crescendo, direttamente nell’ottava, costruita su di un martellante pedale – secondo il classico schema tonica-dominante-tonica – che si spegne, dopo un diminuendo, in maniera improvvisa, come sospesa.

Dopo detta sospensione, accentuate, anche visivamente, dalla presenza di un punto coronato, ha inizio la nona variazione, “poco sostenuto”, in cui il tema, affidato alle parti medie ed alterato cromaticamente, è avvolto in una sorta di bruma entro la quale gli accordi in “sforzato” appaiono come improvvisi bagliori infuocati.

Nella brillante variazione successiva, la decima, “energico”, sembra ancora una volta di sentire un’eco orchestrale con la “cerniera” armonica dei corni attorno alla quale il tema, frantumato, appare e scompare capricciosamente, come per scherzoso dispetto.

Nell’undicesima “gli effetti di fraseggio indicati da Brahms introducono una specie di cesura ternaria nel ritmo binario, ciò che dà al ritmo stesso grazia ed eleganza” (Cortot). Il tema inverso, affidato alternativamente alle due mani, si spegne per lasciare il posto alla soave melodia della dodicesima variazione che si svolge su di un tappeto di “corni” al basso tratto direttamente dal tessuto armonico dell’Aria.

A questo punto, proprio al centro dell’opera, Brahms introduce quella che acutamente Rostand definisce “una sorta di czárdás in miniatura”. Il carattere espressivo della tredicesima variazione, in si bem. min., “Largamente, ma non più”, in cui è evocato il calore di un’orchestra “tzigana”, con un tipico suono di “cymbalon” alla mano sinistra, fa da preludio all’esplosiva quattordi-cesima variazione, “sciolto”, ricca di sbalzi ritmici improvvisi come un’indiavolata danza popolare.

Anche le seguenti quattro variazioni sono legate l’una all’altra con un sottile gioco di richiami.

Nella quindicesima, ove ancora una volta si avvertono echi di ottoni, la figura tematica in semicrome è affidata ad ambo le mani, in alternanza con un disegno di crome. Nella sedicesima, che nel manoscritto iniziale era posta prima della precedente, questa figura viene ripresa e sviluppata, con entrate canoniche, in una sorta di piano intermedio tra i rimandi, in crome staccate, della mano sinistra e della mano destra, insistenti sui gradi di tonica e di dominante. Nella diciassettesima, “più mosso”, la figura in semicrome scompare e le crome staccate sono affidate alla sola mano destra, mentre la sinistra offre un sostegno ritmico irregolare sincopato, melodicamente tratto dal disegno del tema. Nella diciottesima, infine, “grazioso”, scompaiono le crome staccate, mentre sono riprese la figura in semicroma delle prime due variazioni di questo gruppo sviluppata qui in corso discendente, nonchè quella irregolare in semiminime vista nella precedente variazione: esse passano da una mano all’altra, con un’alternanza che si rinnova ad ogni misura, in un gioco che appare di mirabile semplicità.

Con la diciannovesima variazione, “leggiero e vivace”, Brahms introduce nel lavoro una danza: si tratta, infatti, di una nobile “siciliana”, di sapore quasi rinascimentale.

La ventesima variazione è un brano di notevole spessore armonico ove la linea melodica si sviluppa cromaticamente, con sottili sfumature agogiche e dinamiche scrupolosamente indicate dall’autore, sopra il denso tessuto accordale delle due mani.

Con la ventunesima variazione si passa alla tonalità relativa: unendosi al naturale carattere “malinconico” del minore la gaiezza d’un disegno di terzine di crome, precedute da un’acciaccatura e sovrapposto ad agili quartine di semicrome, risulta un brano di dolce espressività.

La ventiduesima variazione, con cui si torna alla tonalità di si bem. magg., “è un’affascinante musica di Glockenspiel (Rostand) che sembra fuoriuscire da un carillon fatato. Le due variazioni seguenti sono da considerarsi come formanti un nuovo gruppo unitario: nella ventitreesima, “vivace e staccato”, in dodici ottavi come la successiva, la figurazione principale, prevede la successione di due terzine di crome, la seconda della quali con pausa mediana; Nella ventiquattresima, invece, la prima terzina viene sviluppata e trasformata in una veloce sestina di semicrome.

La venticinquesima variazione, in cui il tema appare luminoso nella trama dei possenti accordi tutti in fortissimo, alternati tra le due mani, chiude splendidamente il ciclo e prelude con impeto trionfale alla superba fuga che corona l’intero lavoro.

Se già Beethoven aveva inserito una grande fuga al termine delle sue “Variazioni su un tema di Diabelli”, Brahms sembra tuttavia rifarsi al modello di Händel che aveva inserito la fuga nella forma classica della suite di danze (es. Suite in fa min. H/G II/i/8).

Il tema della fuga, reale a quattro voci, è acefalo ed è tratto direttamente dalle prime due misure dell’Aria. Dopo un’esposizione rigorosa, in cui le quattro entrate si succedono nell’ordine contralto-soprano-basso-tenore, Brahms, che pur si serve d’ogni artificio della tradizionale scienza contrappuntistica, mette da parte ogni sterile accademismo per creare un originale castello sonoro in cui il tema, misura dopo misura, assume sempre nuovi volti sino a presentarsi, sovrapposto per terze e per seste, nella forma diretta ed inversa nelle due voci superiori e nelle due inferiori ad un tempo, ed a sfociare in un luminoso pedale di dominante, alternato al grave ed all’acuto tra le due mani che porta all’apoteosi finale.



Leggi la Rivista Ascolta l'Audio